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La camera a nebbia (cloud chamber) di Charles T.R. Wilson

Nel 1911 Charles Wilson costruisce una macchina, che chiamerà cloud chamber (tradotto in camera a nebbia) per studiare la formazione delle nubi e la conduttività dell'aria in laboratorio. I suoi esperimenti iniziano nel 1894, sparando dei raggi X in questo suo apparecchio dove l'aria è satura di vapore si accorge che le particelle ionizzate funzionano come centro di agglomerazione per le goccioline di acqua. Negli anni seguenti diventa chiaro che le molecole ionizzate sono il nucleo delle gocce d'acqua e se una particella attraversa la camera a nebbia lascia una traccia di goccioline che segnano il suo passaggio. Wilson aveva così escogitato un sistema geniale per visualizzare le particelle cosmiche e non, questo strumento è stato impiegato in seguito per lo studio dei raggi cosmici da tutti gli scienziati che si occupavano di fisica delle particelle, fino all'arrivo della più performante camera a bolle, sostituita in seguito dai semiconduttori.

 

Wilson realizza anche due fotografie che mostrano delle chiare tracce, simile a quella qui sotto, da lui erroneamente interpretate come elettroni prodotti dalla radioattività ambientale, in realtà aveva fotografato per primo quei raggi cosmici che solo qualche mese più tardi Hess avrebbe scoperto.

 


La camera a nebbia di Wilson, era ad espansione, il metodo fu escogitato da Paul-Jean Coulier e John Aitken per creare nubi artificiali in laboratorio, la realizzazione finale di Wilson del 1911 è conservata al museo Cavendish di Cambridge.


Foto di C.T.R. Wilson

 

Il funzionamento è il seguente: lo scopo è di creare un ambiente sovrassaturo di vapore ovvero in cui è presente il vapore in uno stato in cui normalmente non dovrebbe esistere, per fare questo Wilson accumulava in una camera di vetro del vapore acqueo, in una seconda camera veniva formato del vuoto per mezzo di una pompa, aprendo una valvola tra le due camere, improvvisamente la pressione, della prima camera precipitava aumentando così il volume dell'ambiente diventando sovrassaturo di vapore.

Gli ioni che si vengono a formare, attirano le goccioline d'acqua perchè normalmente le molecole d'acqua sono dipolari, cioè hanno un polo positivo e negativo e quindi sono attratte da cariche sia positive che negative. Orientandosi e spostandosi lungo il percorso della scia di ioni lasciata dalla particella, tracciano così il suo percorso, quello che si vede sono quindi delle linee rette ma irregolari come quelle lasciate dagli scarichi degli aerei in cielo, che scompaiono però istantaneamente appena l'espansione cessa.


Camera a nebbia di Wilson (schema)

 

Il problema è proprio quello che le gocce cioè la nebbia si forma solo nel momento in cui avviene l'espansione improvvisa della camera che per il fatto che non ci sono scambi termici è definita espansione adiabatica. Il punto è che le tracce lasciate dalle particelle si vedono solo in quel breve momento e riuscire a percepirle ad occhio nudo è molto difficile. Fotografarle non è che sia tanto più semplice, e questo ancora una volta fa riflettere su quanto lavoro abbiano svolto i fisici di cento anni fa. Powell ha scritto anche uno splendido libro, The study of elementary particles by the photographic method, proprio sui metodi impiegati per riuscire a registrare al meglio le tracce delle particelle.

Provare a ricostruire una camera a nebbia del modello di Wilson ad espansione, non è un'impresa difficile, tuttavia visualizzare i raggi cosmici non è altrettanto semplice, per questo è più utilizzata la camera a diffusione che funziona con l'utilizzo di ghiaccio secco e che permette di rilevare le scie in modo continuo e permanente.
La cosa negativa di quest'ultimo sistema è il problema di procurarsi il ghiaccio secco ovvero la co2 ghiacciata, un modo è quello di scaricare un estintore a co2 in un sacchetto di tela che è comunque un operazione costosa e anche un pochino pericolosa, comunque per chi volesse provare a costruire quella a diffusione ci sono molte risorse nel web.

Qui invece si è voluto provare a realizzare una camera ad espansione.

Servono:

  • Un piccolo vasetto di vetro
  • una pompa ad aspirazione
  • alcool isopropilico
  • un sottile strato di spugna nera
  • una sorgente luminosa
  • la (solita) scheda elettronica dei lampeggiatori delle macchine fotografiche usa e getta

Consiglio di recuperare un vasetto molto piccolo, più grande è, più grande dovrà essere la pompa per creare il vuoto, e più grossi i muscoli per mettere in azione la pompa, questa deve avere una capacità di almeno una volta e mezza quella della camera, nel nostro caso il vaso è da circa 200ml, la pompa autocostruita è da quasi 500ml. Vanno bene anche le pompe per gonfiare i palloncini, modificandola in modo che aspiri, nel nostro caso però non produceva sufficiente espansione.

Dovendosi creare un po' di vuoto all'interno, sarebbe bene sigillare con silicone i fori fatti per fissare i vari componenti al coperchio metallico, bisogna poi creare un campo elettrico interno che serve per pulire l'aria da cariche indesiderate, infatti anche la polvere girovagando potrebbe essere scambiata nelle foto, per particelle subatomiche. A tale proposito si può ricorrere ancora una volta al circuito per i flash fotografici che generano 300 volt circa, più che sufficienti allo scopo.

Per la costruzione ci si può riferire allo schema qui sopra, un piattelo di metallo, qui ricavato da una griglia di una ventola, deve essere fissato al coperchio a circa un centimetro di altezza, ma deve essere elettricamente isolato dal coperchio , sopra a questo verrà posizionato il panno o la spugna assorbente dove verrà versato l'alcool isopropilico. Al piattello metallico deve essere collegato il filo positivo (è indifferente ma nel caso so voglia rilevare anche particelle alfa è meglio collegare il positivo) mentre il negativo all'elettrodo che andrà posizionato in cima (alla base del vasetto), questo è realizzato tramite un pezzo di filo di ferro armonico ripiegato a forma di cerchio che va inserito nel vasetto, solitamente i vasetti hanno una forma con la base più allargata adatta ad ospitare l'elettrodo così creato che rimane in posizione senza problemi.


Preparazione degli elettrodi.


Il circuito del lampeggiatore fotografico.


La camera praticamente ultimata.


Pompa per palloncini inadatta in questo caso ma perfetta per piccoli vasetti.

La pompa autocostruita con un tubo pluviale ed altri materiali di recupero.


Un vecchio riproduttore per fotografie rimesso in uso, perfetto per riprendere l'interno della camera a nebbia.


Operazioni di ripresa

Funzionamento:

Terminata la costruzione non resta che provare, i primi risultati saranno deludenti ma non bisogna avvilirsi, non stiamo misurando particelle alfa dai soliti elementi radioattivi, non c'è una sorgente certa e sicura all'interno, nel momento in cui si mette in funzione l'apparecchio potrebbe anche non passare niente in quel momento.

Iniziare a inserire l'alcool, la quantità deve essere minima, 1ml è sufficiente, si chiude la camera avvitando il vasetto, si attende 4-5 minuti poi si accende una sorgente luminosa, che dovrà illuminare da un lato la camera e quindi si aziona il più velocemente possibile la pompa.
Se tutto funziona correttamente si deve vedere la formazione della nebbia all'interno, se non si vede la nebbia o c'è troppo alcol o ce n'è troppo poco, oppure la pompa non crea sufficiente espansione.

Se la nebbia si è formata si può pensare di provare a fotografare.

Ho applicato tutte le tecniche fotografiche che conoscevo ma solo in uno scatto su centinaia sono riuscito a riprendere un evento, il problema non è tanto nella tecnica di ripresa ma nel metodo di illuminazione che deve essere curata perfettamente, per questioni di tempo ho deciso in seguito di riprendere la sequenza con una telecamera digitale e controllare i filmati frame per frame, si è rilevata decisamente la tecnica vincente. La questione dell'illuminazione non è del tutto risolta e si cercherà in seguito di migliorarla, abbiamo usato un vecchio proiettore per diapositive che va abbastanza bene, ma bisogna cercare di illuminare l'interno senza illuminare il piattello nero in modo di avere il massimo contrasto possibile.

 


L'unico scatto fotografico utilizzando una differente (prima versione) camera a nebbia che ha rilevato un evento, probabilmente un muone.


Diversi eventi che si sono succeduti in sequenza e raccolti in un unico frame, questi sono avvenuti nell'arco di 0,66 secondi, sperare di coglierli tutti ad occhio nudo è impossibile, in corrispondenza del punto interrogativo ci sono due (o più) tracce che sono rimaste persistenti per almeno due secondi, forse merito del campo elettrico, rimane un mistero al momento, i puntini bianchi sono particelle...di polvere!


L'elaborazione fotografica evidenzia meglio le tracce


Il video relativo alle immagini


Un unico evento ripreso da un'altro filmato


Ed un analisi della luminanza del medesimo


Un altro video che nei rallenty mostra bene la formazione della nebbia, visualizzare a pieno schermo.

 

REFERENCE:

Sciencephoto

NobelPrize.org

European Physical Journal

Teralab

 


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C.T.R. Wilson


wilson cloud chamber

La nostra piccola realizzazione
Con questo strumento si possono visualizzare le tracce del passaggio di particelle come muoni ed elettroni del flusso dei raggi cosmici secondari.


Muon Monitor in real time



News dal Mondo


Alla ricerca di supernovae nei sedimenti del fondale marino  21.12.2024

Le supernovae vicine potrebbero aver inondato la Terra di vari isotopi non comuni, ma questi in genere decadono troppo rapidamente per essere rilevati nei sedimenti più vecchi di qualche milione di anni. Lorenzo Caccianiga  e colleghi dell'Istituto nazionale di fisica nucleare italiano ora propongono che i muoni, particelle di breve durata create quando i raggi cosmici colpiscono l'atmosfera, potrebbero lasciare una traccia più persistente. Lo studio suggerisce che i danni inflitti dai muoni ai minerali che ora giacciono sotto il Mar Mediterraneo potrebbero fornire una registrazione delle supernovae avvenute circa 6 milioni di anni fa. Le simulazioni delle interazioni tra muoni e nuclei all'interno dei minerali indicano che potrebbero esserci tracce rilevabili nei reticoli cristallini. Nelle simulazioni, i ricercatori hanno variato la distanza della supernova dalla Terra, così come la profondità a cui i minerali erano immersi. I loro calcoli hanno indicato che un minerale esposto durante una supernova vicina dovrebbe ospitare fino a 9 volte più tracce rispetto alla stessa roccia sotto cieli più tranquilli. Tuttavia, se la supernova si fosse verificata quando il minerale si trovava sott'acqua, l'incremento sarebbe stato trascurabile...

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Fonte: Physics APS


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26.09.2013 - Un viaggio scientifico tra i raggi cosmici raccontato attraverso la storia, le invenzioni i rivelatori e gli osservatori; senza trascurare gli effetti che essi producono coinvolgendo numerose discipline scientifiche tra cui astrofisica, geofisica e paleontologia.

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